Broceliande, così come Paimpont, è infatti quel che rimane dell'estesa Douna, la "foresta profonda" dell'antichità bretone in cui i rifugiati provenienti dalla Gran Bretagna portarono gli echi delle gesta inglesi di Re Artù e continuarono praticare il culto degli alberi.
(nota: in riferimento a quest'ultima frase, e in caso v'interessasse un po' di storia relativa ai Celti, vi invito a leggere i post precedenti qui e qui).
Oggi a Broceliande si possono visitare siti naturali dai nomi che ricordano la storia di Merlino e Viviana, come la Fontana di Barenton o la Valle senza Ritorno, e dopo averli visitati più volte in prima persona non posso che confermarne il fascino e la bellezza, ma prima di perderci nelle leggende facciamo un passo indietro e torniamo al concetto di "bosco sacro" per cercare di comprenderlo meglio.
Nemeton era il termine con cui i Celti indicavano un bosco, a volte molto esteso altre invece solo una porzione, in cui i druidi, i sacerdoti della tribù, si ritiravano per officiare riti o comunicare con gli dei.
Il Nemeton sorgeva solitamente intorno ad un albero "particolare", nel quale si pensava riposassero l'anima di un dio o di una dea, che potevano manifestarsi tramite espressioni come il frusciare delle foglie, e, proprio accanto all'albero scelto, si costruiva un piccolo altare in loro onore, delimitando poi la zona tutto intorno.
Solo ai druidi era concesso d'entrare nell'area sacra poiché essi avevano le conoscenze per comprendere il linguaggio delle divinità e fare da tramite con la tribù ed infatti la parola Nemeton, come Nemus in latino e Nemos in greco, deriva dalla radice "nem", (la stessa che ha dato origine a Nemi, altro bosco sacro dell'antichità), che racchiude il concetto di "separare/abitare/occupare uno spazio riservato".
Nel Nemeton nasceva e si sviluppava la vita psichica della tribù, poichè i drudi vi studiavano anche 20 anni per imparare e tramandare oralmente le conoscenze affinché non andassero perdute, e perciò veniva utilizzato anche come luogo in cui "conservare la memoria", un po' come fanno gli alberi con i loro cerchi.
Una volta delimitato, il bosco sacro non doveva in alcun caso essere alterato e le leggi che lo proteggevano erano talmente ferree da chiedere, nei casi migliori, il risarcimento in bestiame (molto prezioso all'epoca) nel caso in cui un albero fosse stato abbattuto senza regolare rito o permesso.
Molto spesso, inoltre, le leggi che regolavano, e che regolano ancora oggi certi boschi sacri in alcune zone del mondo, erano accompagnate persino dal divieto di raccolta di frutti, ghiande o legna, o ancora di pascolo degli animali, il che li rendeva veri e propri santuari a cielo aperto.
E proprio questa scelta di riunirsi all'aperto ci riporta ancora una volta alla radice "nem", che secondo alcuni studiosi indicherebbe anche il cielo, portando così il Nemeton a simboleggiare il divino sulla Terra, ossia quel famoso "frutteto meraviglioso /paradiso" nel quale abitano gli dèi e che avrebbe successivamente preso il nome di Eden.
Una delle figure più famose legate ai boschi sacri, celtici ma non solo poiché i nomi cambiano a seconda dei luoghi e delle leggende pur lasciando invariata la sostanza, è certamente quella di Merlino, il vecchio con la barba bianca ed il cappello da eremita/viaggiatore e dotato di capacità assimilabili a quelle di un dio.
Su Merlino ci sarebbe da raccontare all'infinito, perdendosi appunto nei racconti leggendari di popoli diversi, ma dato che il post è dedicato in primis all'area bretone di Broceliande per stavolta restiamo prevalentemente in ambito celtico ed analizziamo la sua figura in linea generale, ponendo quindi l'accento sull'antica tradizione anglo/francese .
Si dice che Merlino fosse per metà umano e per metà figlio degli dei, o comunque di persone dal sangue misto, particolari e legate in qualche modo alle divinità, e che per tale motivo avesse, tra le altre, la capacità di mutare a piacimento la sua forma così come quella di spostarsi molto velocemente nello spazio e nel tempo.
A volte indovino, altre veggente, mago o sciamano, Merlino compare nelle leggende inglesi come il bardo che combatte accanto ad Artù per liberare l'Inghilterra dagli invasori sassoni e che, una volta "importato" in territorio bretone come dicevamo poco sopra, si sarebbe ritirato nella Foresta di Broceliande per allontanarsi dalle bassezze della società umana di cui era profondamente stanco.
Dal folto della foresta ed ormai preda del male dovuto alla sua lunga e travagliata vita da mezzosangue, secondo alcune leggende figlio di un demone e di una vergine, si racconta pronunciasse profezie colto dal delirio.
Ma si narra anche di come il bosco stesso l'abbia guarito mandandogli Viviana, la dama del lago conosciuta anche come Nimue o Nyneve di cui si sarebbe innamorato ed alla quale avrebbe permesso di rinchiuderlo nella "casa di vetro" in fondo alla foresta per il resto della sua (eterna) vita.
Di Merlino si parla quindi anche come di un "iniziato",un druida profeta e solitario che nel nemeton trova la sua dimensione e la propria salvezza, e tramite lil suo personaggio si racconta di una sorta di rinascita che inizia dall'incontro di due anime, simili e stanche della decadenza del mondo, che nel bosco si ritrovano ed insieme possono ritornare all'origine.
Infatti la "casa di vetro" altro non sarebbe che il simbolo del già accennato "frutteto primordiale" non più soggetto allo scorrere del tempo e capace di conservare in sé i semi, vegetali, animali e anche umano/divini, necessari alla rinascita dell'esistenza stessa.
E perciò ecco che Merlino diventa anche assimilabile alla figura del celtico Cernunnos, il Signore dei Boschi e delle creature nonché simbolo di rinascita verde (di cui raccontavo già qui ,o nei vari altri post di Celtica qui) , e che diventa quindi più facile comprendere quanta importanza avessero un tempo i boschi, prima ancora che venissero edificati i templi in pietra, e quanto fosse potente il culto dei giganti verdi per le popolazioni dell'antichità.
Il collegamento fra Merlino ed i boschi è dunque molto stretto e per quanto i racconti siano variegati e confusi si dice divinasse traendo presagi dagli alberi, principalmente betulle, sciamaniche per eccellenza come si raccontava qui , e meli, che per tradizione segnano il passaggio fra il nostro mondo e "l'altro" in cui le leggende pongono le fate ed il popolo dei Sidhe.
Secondo qualche racconto leggendario, inoltre, proprio sotto a tali alberi Merlino trasmetteva le proprie conoscenze ai futuri druidi ma vi sono alcune storie che narrano anche di un pino speciale, quello che veglia sulla Fontana di Barenton, da sempre residenza della ninfa ( dama o fata ) Viviana conosciuta anche come la guaritrice.
Associato alla sorgente ed alla ninfa che ne governava le acque con cui si alimenta, il pino di Barenton sarebbe infatti l'albero cosmico che lo sciamano Merlino scala al fine di ottenere la conoscenza e la rinascita dopo aver attraversato il buio delle proprie ferite interiori ma qui c'è linfa per altri post arborei più specifici e perciò mi fermo.
Per ora spero che questo tuffo nei santuari sacri a cielo aperto vi sia piaciuto e v'invito a tornare sul blog più avanti per la seconda parte :)
Un abbraccio verdeggiante e a presto!
Nota: Se volete leggere i precedenti post di Arborea, li trovate QUI-
Nessun commento:
Posta un commento
Ciao :)
Sembra che blogger abbia risolto il problema relativo ai commenti, perciò lascia pure il tuo se ti fa piacere. A presto e grazie :)